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  • Immagine del redattoremanuel828

IN FONDO A DESTRA




La netta affermazione della destra nel nostro paese, per quanto preoccupante, non giunge certo come una sorpresa, anzi. Questa fascistizzazione del panorama politico e dell’elettorato – perché di questo si tratta, inutile ingentilire il concetto - segue una tendenza in atto non solo in Europa, ma nel mondo intero.

Pensiamo al Brasile oppresso dal malvivente Bolsonaro e dai suoi sgherri corrotti; all’India nelle mani dell’estremismo indù voluto dal premier Modi, dal suo partito estremista e da frange sempre più ampie della popolazione indiana, protagonisti di pestaggi e assalti ai musulmani; agli Stati Uniti, appestati fino a non molto tempo fa dall’arrogante suprematismo bianco-americano di Trump, che ha sdoganato e ridato fiato comunque, pure dopo la sua uscita di scena (che potrebbe essere anche solo temporanea), a istanze conservatrici e destrorse che parevano ormai morte e sepolte, come la negazione del diritto all’aborto; al regime sempre più asfissiante di Erdogan, dove diritti e libertà di pensiero e parola sono sempre più ridotti.


L’Europa, come abbiamo visto bene anche in queste ultime settimane, non sembra aver preso una direzione migliore. Polonia e Ungheria hanno da anni messo in atto un subdolo ma progressivo progetto di riduzione dei diritti civili e della libertà di stampa, con modifiche costituzionali e giuridiche importanti. A tal punto che l’Ungheria sta perfino rischiando il blocco di parte dei fondi (molto consistenti) a lei destinati dalla pur prudentissima Comunità Europea. Nei paesi balcanici – Serbia, Bosnia, Macedonia, eccetera – la situazione non è rosea: l’organizzazione Freedom House (https://freedomhouse.org) li considera paesi “partly free” per quel che riguarda diritti umani e civili.

Persino la Svezia, culla storica della socialdemocrazia, solo poche settimane fa ha visto l’affermazione elettorale dei Democratici Svedesi, un partito etno-nazionalista e sovranista che affonda direttamente le sue radici in un movimento neo-nazista, opportunamente “ripulito”, ma che mantiene al primo posto del suo programma la lotta all’immigrazione – forse sarebbe meglio dire all’immigrato... – e la difesa dell’identità bianca. La stessa Francia ad aprile di quest’anno ha visto sì la sconfitta di Marine Le Pen, ma in ogni caso la fascista francese, figlia di quel Jean Marie Le Pen che aveva definito le camere a gas naziste un “dettaglio nella storia della seconda guerra mondiale”, ha conseguito al ballottaggio un robusto 41,5% di preferenze.

Sull’onda di questa scia destrorsa, non sorprende dunque che i post(?)-fascisti di Fratelli d’Italia abbiano completato la loro progressiva affermazione con una vittoria netta su quasi tutti, sia a sinistra che all’interno dello stesso raggruppamento di destra – il centro-destra non esiste più, come non esiste il centro-sinistra, seppur per motivi diversi. Solo i 5 stelle hanno inaspettatamente tenuto.


Questo non toglie però che una vittoria di questa destra estrema, non certo liberale (in ogni senso), sia molto preoccupante per la nostra democrazia – e per l’Europa.

In primis perché rimane un partito di netta ispirazione fascista che non ha mai rinnegato davvero il suo passato - si veda la permanenza della fiamma tricolore del fascistissimo M.S.I di Almirante nel simbolo. Non passa settimana che un qualche suo aderente o simpatizzante non venga colto a fare il saluto romano o a declamare con orgoglio qualche motto mussoliniano durante cerimonie e simpatiche riunioni di nostalgici. Per non citare i molteplici legami con personaggi della destra eversiva, dimostrati da svariate inchieste, articoli e video, e con i movimenti di estremissima destra come Casa Pound e Forza Nuova. Legami mai smentiti o al massimo negati con delicatezza quasi commovente.

In secundis perché i principi ispiratori di FdI poco hanno a che fare con una democrazia compiuta.

L’ormai famoso motto “sono Giorgia, sono madre e sono cristiana” ricorda molto da vicino il “Dio, patria e famiglia” del ventennio e mette un po’ i brividi. L’idea del blocco navale contro l’immigrazione ancora di più. L’opposizione a Peppa Pig sembra far ridere, ma la dice lunga sull’idea di diritti civili che l’intellighenzia post(?)-fascista ha. L’idea del presidenzialismo poi, rivista e gestita da questa compagnia dell’anello è davvero molto, molto inquietante. Certo Meloni e soci dovranno fare i conti con gli altri paesi europei – un conto sono gli slogan elettorali, un altro la realpolitik – ma abbiamo già visto come certe posizioni dell’Unione Europea a volte non siano così solide e unitarie.


D’altronde questa di FdI e Meloni è una vittoria elettorale vera; non si tratta di una “nomina d’emergenza” come ci eravamo abituati a vedere negli ultimi governi pre- e post-pandemia di Conte e Draghi. FdI è stato votato dal 26% degli italiani. E questo, per molti versi è ancora più deprimente. E’ vero che il 26% calcolato sul numero dei votanti corrisponde a poco più di 7 milioni di voti, su oltre 50 milioni di aventi diritto, ma si tratta comunque di un numero elevato.

E di nuovo, però, non sorprende in maniera assoluta. Perché bisogna ammettere che l’Italia è un paese fondamentalmente, storicamente di destra, incapace di maturare una vera coscienza democratica e pluralista, che ha sempre bisogno dell’uomo (stavolta della donna) della provvidenza a cui affidare le proprie sorti – leggere la trilogia di Scurati è estremamente istruttivo.

Gli italiani hanno voluto Mussolini, che ha ideato il fascismo, ispirando, tra gli altri, un personaggio come Adolf Hitler, che lo poi ha superato in oscena grandezza. Sui disastri compiuti da Mussolini e dal fascismo non occorre spendere parole, nonostante i sempre più leggiadri revisionismi.

Hanno voluto Berlusconi, anticomunista e uomo di destra per ragioni personali più che ideologiche, sulla cui grandezza di malfattore e meschinità come uomo e come “politico”, non ci sono dubbi. Hanno voluto Renzi, visto come innovatore e vate, rivelatosi poi solo un furbo venditore di pentole e curatore abilissimo e senza scrupoli, questo sì, dei propri interessi.

Insomma, gli italiani anche quando votano – non tutti, ma purtroppo tanti - rappresentano un po’ la summa di - o, peggio, s’identificano in – molti di questi personaggi: forti e arroganti con i deboli, pavidi e servili con i forti, furbi, piegatori delle regole a proprio uso e consumo, onesti fino a un certo punto, statisti da bar, ammiratori del successo rapido, un po’ meno della meritocrazia, nepotisti e familisti con amante a carico.


Dunque, dopo anni, come non era mai successo dalla fine della guerra, un partito dichiaratamente di destra, anzi fascista, arriva al potere, con buona pace di chi ha combattuto ed è morto per la Liberazione dal nazi-fascismo. Di certo questo non fa sentire tranquilli; se non per motivi ideologici, i quali secondo tante voci revisioniste anche “di sinistra”, pare vadano assolutamente superati, di certo per i loro programmi di governo, che al di là delle parole vuote e degli slogan (37 paginette sul loro sito), sono tutto meno che chiari, soprattutto nella loro sostenibilità economico-finanziaria. E questo partito arriva al potere - creando un parallelo inquietante con gli anni 1924-1926 - con una sinistra totalmente allo sbando, annichilita, ripiegata nelle sue infinite, distanti discussioni più o meno nobili, sfinita dalle sue divisioni e frammentazioni. Con un Partito Democratico - in linea puramente teorica il vero erede (almeno numericamente) del Partito Comunista di Berlinguer - segnato da una sequela quasi ininterrotta di leader senza capacità, carisma e carattere. Uomini di partito con poche, confuse idee o simil-democristiani prestati a una finta sinistra di lotta (?) e soprattutto di governo. Si ricorda con benevolenza forse il concreto, onesto Bersani e si dimentica con un conato, per motivi diametralmente opposti, il piccolo guappo di Rignano.

Letta dal suo Aventino post-elettorale ha già annunciato il congresso: a marzo 2023. Ma perché tra sei mesi ? Siamo in piena emergenza, economica, sociale, civile ed elettorale e un congresso che potrebbe e dovrebbe sviscerare le ragioni profonde del fallimento, i motivi della perdita definitiva di quasi tutti i contatti con i suoi elettori e cercare nuove vie, si terrà fra sei mesi ! E’ evidente che nemmeno questo terremoto basta a smuovere i fondali vischiosi di un partito in stagnante agonia.

Nel frattempo sarà allora necessaria una nuova Resistenza diretta, civile, politica e sociale, che impegni tutti, come individui e collettività. Se siamo arrivati al risultato di queste elezioni, è anche per indifferenza, disinteresse, abulia.

Per essere stati poco partigiani.


Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.


Antonio Gramsci

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