11 maggio 2021. Un immenso paese, secondo dopo la Cina per numero di abitanti, si trova sprofondato nella più grande crisi umana, sociale, economica e democratica dal 1947, anno dell'indipendenza. Il primo ministro Narendra Modi, al governo da sette anni, ne è il principale responsabile.
Quest’uomo dall’aria sapiente e benevola, che col ditino alzato sembra impartire preziosi consigli di vita dall’alto di una saggezza centenaria, è Narendra Modi, primo ministro indiano che governa il secondo paese più popoloso del mondo dal 2014.
Questo signore è in realtà un uomo pericoloso. E’ il protagonista assoluto non solo dell’attuale catastrofe pandemica del suo paese, ma anche e soprattutto della peggiore regressione politica, economica, sociale e democratica della storia indiana dall’indipendenza del 1947.
Modi ha militato in gioventù nel movimento paramilitare di estrema destra hindu Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), più volte dichiarato fuorilegge - nel 1948, 1975 e 1992 - per la propugnazione di un’ideologia di superiorità razziale hindu – che peraltro raccoglieva non pochi consensi - e per le numerosissime azioni di violenza perpetrate nei confronti dei connazionali musulmani e degli avversari. Per capire di cosa stiamo parlando, basti ricordare che Nathuram Godse, l’assassino del Mahatma Gandhi era stato membro dell’RSS e seppure una relazione del movimento con l’assassinio di Gandhi non sia stata mai provata ufficialmente, è un fatto che tanti dirigenti RSS espressero al tempo soddisfazione per la sua morte.
Con questo solido background, Narendra Modi viene eletto per tre volte ministro dello stato del Gujarat, per diventare infine leader del partito nazionalista Bharatiya Janata Party (Bjp). Punti chiave del programma del BJP sono il sostegno con forza dell’idea di hindutva – che si potrebbe tradurre come “induità” - e l’unità sociale della nazione sotto la guida delle caste superiori, a cui consegue un’aperta ostilità verso i musulmani e i movimenti politici delle caste inferiori, nonché, ovviamente, della sinistra.
Modi diventa primo ministro nel 2014 e viene rieletto nel 2019.
Qualche breve informazione aiuta a capire subito la sua idea di politica nazionale.
Subito dopo la sua elezione, Modi fa modificare il metodo di calcolo del PIL, rendendo possibile l’alterazione “artificiale” dei dati di crescita del paese. Per dirne giusto un paio, il tasso di disoccupazione è così alto che il Ministero del Lavoro non fornisce più nemmeno le statistiche, mentre nel 2018, la società ferroviaria indiana riceve 19 milioni di candidature a fronte di 63.000 posti disponibili. Parallelamente inizia una privatizzazione selvaggia di alcuni settori vitali dell’economia indiana, come quello bancario e delle infrastrutture, mentre i bilanci già molto bassi per la sanità e l'istruzione - rispettivamente 1,2% e 0,6% del PIL - vengono tagliati, così come le altre importanti spese sociali: sussidi all'occupazione, fondi per le mense scolastiche, piani per l'accesso all'acqua potabile. Nel 2018 vengono approvate inoltre drastiche modifiche del diritto del lavoro che limitano ulteriormente le attività sindacali e agevolando i licenziamenti e gli aumenti dell'orario di lavoro settimanale per i dipendenti.
Da estremista hindu a capo di un governo etno-nazionalista, Modi si rende responsabile del sostegno più o meno diretto alle gravissime violenze degli ultimi anni nei confronti degli studenti musulmani nelle università indiane (https://www.dinamopress.it/news/india-dal-nazionalismo-allo-squadrismo-nelle-universita/) , nonché sostenitore dell’emendamento alla legge sulla cittadinanza, che favorisce la naturalizzazione dei rifugiati bengalesi, afghani e pakistani di sei minoranze religiose, escludendo apertamente quella musulmana. Le violenze nei confronti dei musulmani indiani che protestano pacificamente contro la discriminazione ormai non si contano più, con centinaia di feriti e morti, dietro l’istigazione dei leader del BJP e sotto gli occhi indulgenti della polizia. https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2020/04/11/news/india_proteste_attacchi_contro_la_nuova_legge_sulla_cittadinanza_i_musulmani_affrontano_politiche_discriminatorie_manif-253758029/)
Ma l’ultimo colpo a un’India sempre più sbilanciata socialmente e politicamente, Modi lo assesta con la sua gestione scellerata della pandemia. Come racconta Arhundati Roy in un suo sconfortante articolo sull’ultimo numero di Internazionale (https://www.internazionale.it/sommario) , Narendra Modi ha portato avanti la sua politica arrogante facendo credere che ogni cosa fosse sotto controllo, esponendosi in questo senso anche a livello internazionale. Ha lanciato la campagna elettorale in Bengala con incontri di massa senza alcuna precauzione e consentito raduni religiosi ultra-affollati – come quello del Khumb Mela – senza nessuna forma di contenimento. Ma quel che più ha pesato e sta pesando sulla terribile tragedia indiana da 4.000 morti al giorno, è stato lo smantellamento progressivo e inarrestabile di una struttura sanitaria pubblica che era già precaria, con tagli e privatizzazioni: secondo Lancet il 78% dell’assistenza sanitaria nelle aree urbane e il 71% nelle aree rurali sono ormai gestiti dal settore privato. La Roy sostiene che il citato bilancio della sanità indicato all’1,2% del PIL, oltretutto, non è nemmeno reale, ma si assesterebbe sullo 0,34% circa, dato che sono state inserite in bilancio voci che non sono direttamente riferibili alla sanità. Se a ciò si aggiungono la monumentale burocrazia indiana e l’alto tasso di corruzione a tutti i livelli, corruzione mai debellata da nessuno dei governi che si sono succeduti, la situazione pandemica non poteva che imboccare inevitabilmente una china catastrofica, che vede 400.000 contagi giornalieri (ma secondo gli scienziati incaricati di studiare e prevedere la diffusione del virus sarebbero cinquanta volte di più, dato l’alto numero di asintomatici), oltre 4.000 morti al giorno e solo 160.418.105 vaccini somministrati su una popolazione di 1.380.000.000 persone (https://covid19.who.int/table).
E questo nonostante due aziende indiane, il Serum institute of India (Sii) e la Bharat Biotech producano e distribuiscano sì vaccini, ma per rivenderli agli ospedali privati e ai singoli stati a prezzi che sono tra i più alti del mondo.
La mancanza di posti negli ospedali è pressochè totale, così come esaurita è ormai la disponibilità di ossigeno, per il quale è fiorito un ricco mercato nero. Anche i posti disponibili nei luoghi di cremazione sono esauriti, tanto che ormai queste avvengono nei parchi e nei luoghi pubblici, come testimoniato dalle allucinanti riprese apparse nei giorni scorsi sui vari media. La Roy scrive che in questi casi perfino l’ultimo saluto a un proprio caro in una morgue può diventare oggetto di estorsione.
Tutto ciò avviene mentre Modi continua imperterrito con la comunicazione di una realtà parallela, completamente falsa, di efficienza e capacità di governo dell’emergenza.
Arundhati Roy definisce giustamente veri e propri crimini quelli di Narendra Modi e del suo governo, e si appella al resto del mondo perché aiuti il suo paese a liberarsi da una pandemia ormai fuori controllo, ma anche dal giogo di questo governo di estrema destra, nazionalista, elitario e fomentatore di violenza, che rischia di far sprofondare l’India nel disastro più totale, con tutto quel che ciò può comportare anche a livello degli equilibri geo-politici mondiali.
Il mondo in mano ai Modi, ai Bolsonaro, agli Erdogan, agli Al-Sisi, ai Putin e a tutta la loro propaganda fatta di menzogne, minacce e violenza è un posto decisamente meno sicuro dove vivere, e far finta come sempre che la cosa non ci riguardi, può diventare molto, molto pericoloso. E non solo per la pandemia.
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